"Un
mattino del morente ottobre 1900, dopo un viaggio che mi parve non
dovesse finire che con la vita, un fumoso e incomodo treno mi
portò a Firenze. Ero diciottenne e avevo lungamente meditato il
proposito di iniziare la mia vita di studioso a Firenze, sia
perché la cultura classica mi aveva dentro costrutta e adornata
una Firenze senza rivali, sia perché un mio professore di storia
al Liceo di Foggia, Francesco Carabellese (che morì, povero
amico!, ancor giovane), mi aveva detto più volte che, se proprio
non avessi potuto rinunziare agli studi storici, non avrei potuto
fare nulla di meglio che indurre mio padre a mandarmi a Firenze.
Da Faenza a Firenze vissi ore di indicibile ansia, e ad ogni
sbucar del treno dagli orribili trafori mi pareva che dovesse
stendersi lieta e mite sotto i miei occhi allucinati la vallata
divina che accoglie la città di Dante. E finalmente, ecco Firenze,
ecco S. Maria Novella, che mi saluta con le sue campane mattutine;
ed ecco, qualche ora dopo, l'Istituto Superiore… A Firenze
convenivano ai miei tempi, e anche trenta e vent'anni prima, i
giovani più ardenti, più colti, più desiderosi di apprendere e di
lavorare: dalla Sicilia, dalla Calabria, dalla Puglia, dal Veneto,
da per tutto, quanti avevamo un nostro intimo sogno da realizzare
correvamo a Firenze, come i fedeli accorrono al santuario
celebrato. Firenze amabile e scettica, brontolona e discreta,
modesta di abitudini e ricca di cultura in ogni ordine di
cittadini, gelosissima delle sue memorie gloriose e fedele custode
di ogni più nobile tradizione di studi, ci accoglieva con bella
ospitalità, ci ripuliva, ci rifaceva, ci battezzava cittadini".
( Romolo Caggese ) |